Replying to EROE DELLA STIRPE ITALICA.

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  1. Posted 13/2/2012, 19:02
    Nazario Sauro nelle carceri di Pola poco prima di salire il patibolo.

    Il porto militare di Trieste era ben guarnito di sbarramenti e mine. Quella notte, poi, persistenti piovaschi rendevano pericolosa la navigazione anche a chi conosceva le rotte dì sicurezza. Eppure un grosso piroscafo carico munizioni era saltato in aria, raggiunto da una torpediniera italiana. Un'altra volta, a Pirano, tre siluranti s'erano avvicinate a un tiro di schioppo dal costa, facendo rotta fra i fondali e dimostrando di riconoscerli meglio pescherecci locali. L'ammiraglio austriaco sapeva che incursioni come queste erano guidate da piloti istriani. « Irredenti » li chiamavano gli italiani. E soltanto un pilota come Nazario Sauro, nato e cresciuto a Capodistria, praticissimo dei canali per avervi navigato al comando di un veliero fino allo scoppio del guerra, poteva scansare gli ostacoli con tanta disinvoltura. Nazario Sauro aveva avuto anche l'ardire di sbarcare in pieno giorno porto di Parenzo. « Su moveve ! Lighè la zima che dovemo ormegiar », urlò dal cacciatorpediniere Zeffiro, lanciando una gomena ai tre soldati austrici che lo guardavano interdetti. E siccome quelli si muovevano impacciati da1 fucile: « Macachi! », li incitò, sempre interpellandoli in dialetto istriano, « Cusì no podè lavorar; toleve de dosso el fusil e lavorarè megio». Saltato a terra e agguantatone uno, lo portò di peso a bordo e si fece dire in qual direzione dovesse puntare i cannoni per colpire una base segreta di idrovolanti. Nazario Sauro era anche quel tale che alcuni anni prima, a Trieste, era stato condannato a quattordici giorni di prigione perché, in un litigio con un capitano marittimo austriaco, suo collega, dettogli tutto quel che gli veniva, aveva concluso: " E porco anca el governo che te mantien ».
    Discendente d'una famiglia di antichi coloni romani e suddito dell'imperatore Francesco Giuseppe per ragioni di confine, alla visita Nazario Sauro era stato riformato dai medici austriaci a causa di un difetto a un occhio. Ma potevano richiamarlo da un momento all'altro. Fuggito a Venezia con la famiglia prima dell'intervento italiano, s'era poi arruolato volontario in marina, dove dimostrò di vederci benissimo. In quattordici mesi, partecipò a sessanta mìssioni di guerra. Per il tenente di vascello Sauro, il 30 luglio 1916, giunse l'ordine di imbarcarsi sul sommergibile Pullino. Ci andò di malavoglia. Era già stato altre volte sui sommergibili, ma non glì piacevano. Diceva che preferiva sentirsi il vento in faccia e vedere il nemico mentre lo colpiva. Quella sera, forse ebbe anche un presentimento e, prima di salire a bordo, passò da un amico al quale consegnò due lettere, una per i figli e l'altra per la moglie. Il Pullino era dìretto a Fiume, col compito di penetrare nel porto e silurare un piroscafo. Verso mezzanotte imboccò il Quarnaro tra banchi di nebbia pesante. Secondo i dati della navigazione stimata, a quell'ora avrebbe dovuto trovarsi nel braccio d'acqua che divide le isole di Unie e Galiola. E infatti c'era, ma correnti irregolari lo portarono in secco su uno scoglio della Galiola. Il disincaglio fu tentato inutilmente. All'alba , distrutti armi e indumenti, l'equipaggio abbandonò il sommergibile per sfuggire alla cattura e s'allontanò su una barca a vela presa ai pescatori. Nazario Sauro, solo, s'imbarcò su un piccolo battello a remi, dirigendosi verso l'isola di Unie. Una nave austriaca lo scoprì prima che l'avesse raggiunta. Come tutti i volontari irredenti arruolati dall'Italia, Sauro aveva documenti falsi. Anche davanti al giudice militare, che l'interrogava sospettoso nel carcere di Pola, continuò ad affermare di chiamarsi Nicolò Sambo, nato a Venezia. Negò di essere Nazario Sauro anche dopo che una ventina di persone l'ebbero riconosciuto. « Non conosco questa signora », rispose quando nella cella fu accompagnata sua madre. Negò fino al momento in cui fu pronunciata la condanna a morte per capestro.
    . Il 10 agosto 1916, alle 17,45 veniva condannato per alto tradimento perché suddito austriaco arruolato nella Marina di una nazione nemica. Due ore dopo salì il patibolo gridando « Viva l'Italia - Morte all'Austria

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